“Dal momento che un uomo
comincia a vivere è già abbastanza vecchio per morire”: In questo pessimismo
assoluto, metafisico, è sintetizzato il sentimento che Cellini ha della sorte umana
e, potremmo dire, del significato della vita. “La vita –egli precisa– non si
attua se non nella morte”. “I folli e i disperati (ecco un’altra chiosa
illuminante) disprezzano la vita e la difendono ad oltranza”.
Oggi,
“la tolleranza si è sostituita alla solidarietà, e l’amore è divenuto un
sentimento lasciato solo ai poeti”. Siamo condannati “alla necessità di volere
a tutti i costi sapere”. “L’unica forma universale è la diversità”. “Nell’opera
d’arte (osserva Pareyson) non c’è altro dire che l’essere, né altro essere che
il dire”.
“La
poesia nasce da un eccesso di amore”. “Amare la Poesia è amare la creazione”.
“Il primo poeta in assoluto è stato Dio”: “Ritengo la Poesia la parola
dell’uomo, e riconosco ad essa la stessa dignità della parola di Dio,
ambedue salvano”.
Ma
se dovessi sintetizzare il senso del messaggio che Cesare Cellini ci ha
lasciato, nel breve spazio della sua vita, sceglierei questo breve e luminoso
appunto: “La fede siamo noi”. C’è in queste parole una determinazione dura,
orgogliosa, in qualche modo inappellabile. C’è una luce coscienziale, profondamente
religiosa. Cellini sembra qui respingere ogni compromesso ed ogni
indulgenza.Tale affermazione può sembrare blasfema, ma è il contrario. L’uomo
che la pronuncia si sente responsabile di tutto: del credere e del dubitare,
del vivere e, in un certo senso, del morire. Essa rispecchia sia l’obbedienza
al destino, sia l’insofferenza a subirla. È luciferina e al tempo stesso
celestiale, intrisa di terra e splendente di luce. Effimera ed eterna.
Penso,
credo, che un’anima di questo genere sia cara a Dio, e che Egli vorrà per
sempre tenerla vicina a sé. Anche Dio può imparare qualche cosa di essenziale
dalle sue creature. E che gli sia grato, come a compagni di strada che
illuminano la sua fatica di Creatore.
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